lunedì 27 febbraio 2017

SINDROME PREMESTRUALE: QUANDO ESSERE DONNA DIVENTA UNA MALATTIA

Nel periodo precedente all'inizio delle mestruazioni, molte donne hanno l'esperienza di avere un umore un po' più altalenante del solito, a volte sono nervose e hanno qualche disturbo fisico. Queste modifiche del funzionamento psicosomatico sono conosciute da tutte le donne e in passato venivano considerate normali alterazioni associate alle variazioni ormonali che avvengono nel corso del ciclo mestruale.


Adesso le cose sono cambiate. Recentemente, è stata creata una nuova categoria diagnostica, la sindrome premestruale o disturbo disforico premestruale. Per la diagnosi di tale disturbo, la donna deve manifestare i seguenti sintomi durante l'ultima settimana prima dell'inizio del ciclo, nella maggior parte dei cicli mestruali e per almeno 5 anni (American Psychiatric Association, 2013): 

1) Sentimenti di disperazione, tristezza o bassa autostima
2) Tensione o ansia
3) Labilità affettiva che include tendenza al pianto
4) Irritabilità, spesso accompagnata da aumento dei conflitti interpersonali
5) Difficoltà di concentrazione
6) Stanchezza, letargia o mancanza di energia
7) Cambiamenti nell'appetito, forte desiderio di cibi specifici, sovralimentazione
8) Diminuito interesse nelle attività
9) Disturbo del sonno - ipersonnia o insonnia
10) Senso di sopraffazione
11) Mal di testa, gonfiore, tensione al seno, o altri sintomi fisici.

Come mai quella che prima veniva considerata un'oscillazione fisiologica dell'umore, adesso è diventata una sindrome? Forse c'entra il lancio nel mercato di vecchi farmaci anti-depressivi con nuovi nomi dedicati alla nuova sindrome?
A prescindere da ciò mi chiedo: può un aspetto della fisiologia femminile diventare una sindrome? Non sarebbe più semplice inquadrare il fenomeno come una variazione fisiologica? E' chiaro che la presenza dei sintomi descritti possa essere considerata un campanello d'allarme per il quale sia consigliabile rivolgersi ad uno psicologo (indipendentemente dal sesso della persona e dal momento della fase del ciclo mestruale). Tuttavia, molte variazione ormonali maschili, possono avere effetti comportamentali paragonabili a quelli della sindrome premestruale, eppure non e ne parla. Si pensi, ad esempio, all'associazione tra testosterone e aggressività. Come mai non si pensa una sindrome maschile? Sorge il sospetto che la sindrome premestruale corrisponda più ad uno stereotipo di salute, basato sul modello di funzionamento fisiologico maschile, che ad una nuova forma di patologia. Insomma, sembra quasi di essere in presenza di una patologizzazione di una condizione che è semplicemente una differenza tra maschi e femmine.
Donne (e uomini) cosa ne pensate?

domenica 26 febbraio 2017

LA SCELTA DI DIVENTARE PSICOTERAPEUTA

Una serie di studi ha messo in luce come l'esperienza infantile degli psicoterapeuti sia caratterizzata da un'elevata presenza di esperienze traumatiche, come abusi fisici e sessuali, trascuratezza, ospedalizzazione o morte dei un membro della famiglia (Nikčević et al., 2007; Elliott & Guy, 1993), aspetti negativi nel funzionamento familiare, come inversioni di ruolo o forme di comunicazione ambigue (Fussell & Bonney, 1990), oppure conflitti riguardanti l'espressione e l'accettazione dell'intimità (Racusin et al., 1981).

L'esistenza di esperienze di sofferenza nei professionisti delle relazioni d'aiuto si manifesta culturalmente nella figura mitologica di Chirone, il guaritore ferito. Il mito esprime l'idea di come l'esperienza di sofferenza personale renda il terapeuta psicologicamente consapevole, capace di aiutare e comprendere le esperienze di sofferenza degli altri.




In un recente studio condotto nel contesto italiano (Messina et al., 2013), abbiamo osservato che gli psicoterapeuti in formazione riportano le loro esperienze relazionali passate come principale fonte di motivazione ad intraprendere la formazione di psicoterapeuta, seguite da altre motivazioni collegate a precedenti esperienze professionali, all'idea di seguire una predisposizione personale, il desiderio di aiutare gli altri, interessi di tipo teorico, sviluppo personale e sviluppo professionale.
Chi diventa terapeuta spesso segue una missione di vita... siate fiduciosi, riconoscerà la vostra sofferenza, sarò un incontro che vi segnerà!

FONTI SCIENTIFICHE

Nikčević, A. V., Kramolisova-Advani, J., & Spada, M. M. (2007). Early childhood experiences and current emotional distress: What do they tell us about aspiring psychologists?. The Journal of Psychology, 141(1), 25-34.
Elliott, D. M., & Guy, J. D. (1993). Mental health professionals versus non-mental-health professionals: Childhood trauma and adult functioning. Professional Psychology: Research and Practice, 24(1), 83.
Fussell, F. W.,& Bonney, W. C. (1990). A comparative study of childhood experiences of psychotherapists and physicists: Implications for clinical practice. Psychotherapy: Theory, Research, Practice, Training, 27(4), 505.
Racusin, G. R., Abramowitz, S. I., & Winter, W. D. (1981). Becoming a therapist: Family dynamics and career choice. Professional Psychology, 12(2), 271.
Messina, I., Gelo, O., Sambin, M., Bianco, F., & Mosconi, A. (2016). Tracking Change in Italian Trainees' Experience of Therapeutic Work. 47th International Annual Meeting SPR - Society of Psychotherapy Research, 21-24 June 2016, Jerusalem, Israel.

giovedì 23 febbraio 2017

(COME) LA PSICOTERAPIA CAMBIA IL CERVELLO

Negli ultimi vent'anni le neuroscienze hanno dimostrato che la psicoterapia ha effetti chiari e osservabili sul funzionamento cerebrale. Questo dato non sorprende affatto noi ricercatori: qualsiasi forma di cambiamento comportamentale deve avere necessariamente un correlato a livello neurobiologico. Tuttavia questo dato si scontra con l'idea comune secondo la quale le terapie rivolte al corpo siano chiaramente "biologiche", mentre non sarebbe lo stesso per interventi che agiscono sulla mente come le psicoterapie. Ma quali sono i limiti del biologico? L'idea di una separazione tra ciò che è mentale e ciò che è corporeo appare insostenibile scientificamente.


Le evidenze scientifiche sugli effetti della psicoterapia sul cervello consentono il superamento di questi preconcetti con le conseguenze che questo comporta. Ad esempio, viene superata l'idea che per cambiare il funzionamento del cervello  bisogna necessariamente ricorrere a terapie comunemente considerate  "biologiche", come gli psicofarmaci (con tutti gli effetti collaterali associati al loro utilizzo). Inoltre, si rafforza l'idea che il cervello, come la personalità, non sia qualcosa di statico, quindi il cambiamento è possibile e può avvenire attraverso esperienze relazionali (come appunto nel caso della psicoterapia, ma non solo).


Ma come cambia il cervello come effetto di una psicoterapia? Le ricerche disponibili fino a questo momento evidenziano l'importanza di alcuni processi fondamentali:
1) Cambiamento della reazione agli stimoli che provengono dal mondo esterno, associati alla riduzione dell'attivazione di strutture del sistema limbico (come l'amigdala)
2) Maggiore regolazione delle emozioni, dipendente da un miglioramento delle funzioni esecutive associate alla corteccia prefrontale.
3) Cambiamento delle rappresentazioni semantiche, ovvero dei significati che diamo alle esperienze (i quali dipendono in gran parte dalle nostre esperienze passate), associati al funzionamento di diverse aree cerebrali tra cui le aree temporali e prefrontali mediali.
4) Processi di ri-condizionamento, ovvero estinzione di alcune risposte comportamentali che vengono messe in atto in forma automatica sulla base di apprendimenti associativi, dipendenti dal funzionamento delle aree ventro-mediali della corteccia prefrontale.

FONTI SCIENTIFICHE:
http://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0074657
http://link.springer.com/article/10.3758/s13415-016-0440-5